

Carrara: Giovanna Bernardini
…..assessore comunale alla cultura
…..assessore comunale alla cultura
Caparbietà e voglia di tornare a correre nonostante un brutto incidente nel quale ha perso un braccio. Solo grazie a questi due elementi Andrea Tiossi, nato ad Arezzo e residente a Bucine, ha vinto la diffidenza ed ha ottenuto la licenza per tonare a gareggiare nelle gare automobilistiche, con la stagione che ha preso il via il 15 aprile ad Imola. Andrea corre con una Seat Leon sotto le insegne del RF Racing di Magione.
«Ho sempre avuto la passione per i motori – racconta – poi quando si è avvicinata la laurea e i primi guadagni ho cominciato a fare qualche gara amatoriale sia in macchina che in moto. Un brutto giorno mi è capitato un incidente: un tipo è uscito contromano da un piazzale e mi ha preso in pieno, staccandomi di netto il braccio sinistro. Dopo un anno e mezzo, quando mi sono presentato per chiedere la licenza per correre in macchina, mi è stato risposto che era necessaria la presa ferrea delle due mani sullo sterzo, ma io non ho la possibilità di usare protesi che mi permettano di agganciarmi come richiesto al volante. A quel punto mi sono trovato a dovere dimostrare che si poteva fare questo sport anche con un braccio solo».
Per Andrea Tiossi è cominciata una battaglia che solo grazie a una volontà fuori dal comune e alla spinta data dal voler dimostrare di essere ancora competitivo nelle gara automobilistiche è stata vinta, anche se ci sono voluti nove lunghi anni di richieste insistenti sempre cadute nel vuoto, «fino a che un giorno – prosegue Tiossi – ho preso la macchina, sono sceso in pista e dopo avere a più riprese dimostrato che ero in condizioni di potere gareggiare mi hanno ammesso alla prova di esame per avere la prima licenza, la C nazionale».
Metà della stagione sportiva se ne era già andata, ma per Andrea potere davvero gareggiare era già un vittoria. Arriva così l’esordio nel Campionato italiano turismo endurance a bordo di un Alfa Romeo 156 gruppo «N», la categoria meno potente ma obbligatoria per i debuttanti. Nonostante questa limitazione sono arrivati cinque risultati utili, compresi due podi, sempre portando a termine le gare senza imprevisti. Questi risultati alle fine sono stati sufficienti per ottenere la licenza C internazionale ed essere il primo in Italia e in Europa, forse addirittura nel mondo a potere gareggiare con un solo braccio e la consapevolezza di avere aperto la strada anche ad altri che si trovano nelle sue stesse condizioni.
Dopo essersi preparato in inverno (molto lavoro aerobico, soprattutto cyclette e corsa, più una seria di esercizi specifici per la muscolatura del tronco, del collo e per il braccio destro, visto che deve sopportare un lavoro doppio in gare che durano sui trentotto minuti) per il Campionato turismo endurance e per la Seat Leon Supercopa, ossia il monomarca di casa Seat, con gare nei maggiori circuiti italiani, fra cui Imola, Mugello, Magione, Vallelunga, Monza, Fanciacorta, il 15 di aprile c’è stato il debutto, con risultati incoraggianti e tempi discreti.
A chi gli chiede se il podio sia un sogno proibito Andrea non risponde né sì né no ma si limita a ricordare che in gara le variabili sono sempre tante e ci sono piloti che, affrontando quel campionato da anni, possono contare su un bagaglio di esperienza e una conoscenza del mezzo maggiore. «Cercherò di fare sempre bene», si limita a dire Tiossi. C’è il rammarico avere perso nove anni per nulla, ma anche la voglia di essere ancora protagonista in pista.
Un campionato in sette fine settimana
Il Campionato Italiano Turismo Endurance partecipano vetture da corsa, derivate da modelli di serie omologati per l’uso stradale, e appositamente preparati per scendere in pista.
Saranno sette in totale i fine settimane di gare in cui si articolerà il Campionato Italiano 2012. Il tutto si svolgerà in soli due giorni: il sabato mattina un turno unico di prove libere da quarantacinque per prendere confidenza con pista e assetti, seguito nel pomeriggio da una sessione di qualifica da trentacinque minuti. La domenica è il giorno delle gare, due in totale della durata di trentotto minuti più un giro, con partenza lanciata, e prevede una sosta ai box obbligatoria tra il quindicesimo e il venticinquesimo minuto.
Proseguendo nella strada intrapresa gli anni scorsi, in ottica contenimento costi è stato limitato a un massimo di otto il numero di pneumatici nuovi a disposizione per fine settimana.
Dopo il debutto del 14 aprile a Imola (pista intitolata a Dino ed Enzo Ferrari) i piloti sono tornati in gara per due volte nel mese di maggio, il 6 a Vallelunga e il 20 a Pergusa (autodromo in Sicilia, per la precisione in provincia di Enna).
Nessuna gara prevista è prevista nel mese di giugno, si riprenderà quindi l’8 luglio sul circuito di Misano Adriatici e il 22 luglio con la gara di Magione, a due passi da Perugia. Ultimi due appuntamenti il 23 settembre all’autodromo del Mugello e il 21 ottobre a Monza.
L’ Associazione Pro-Loco Rigomagno sta cercando di organizzare qualcosa in aiuto delle
![]() |
||
|
Fernando Pardini per l’acquabuona
Se ne va un Signore del vino, di nome e di fatto (e la S vuole maiuscola). Di quelli come ce ne sono pochi. La storia della Carmignano vinicola, e anche più in là, si lega a doppio filo alla storia importante e al blasone della Tenuta di Capezzana, alla instancabile determinazione di un uomo da sempre alla ricerca dell’agognato riconoscimento per un territorio intero. Ci è riuscito. Ma quel che ancora colpisce di lui è come la chiarezza d’intenti e la caparbietà siano state sempre dissimulate da una pacata, elegante, riflessiva compostezza, ciò che ha caratterizzato da sempre il suo modo di fare, di parlare, di ascoltare. Così come il suo senso dell’ospitalità e dell’accoglienza, la sua voglia di condivisione. Un “marziano” di bonomia e savoir faire, questo era, calato non sai da dove in un mondo sostanzialmente senza stile. Non la prosopopea, non l’arroganza del timorato di Dio, bensì una passione autentica, lunga una vita, trasmessa appieno alle generazioni nuove di famiglia.
I colori possono diventare suoni. Non è una forzatura linguistica, ma un processo comunicativo e conoscitivo che va sotto il nome di «sinestesia» e descrive la possibilità di percepire un fenomeno attraverso più sensi, da quello visivo a quello uditivo, dal tattile all’olfattivo. Ed è proprio la «sinestesia», la chiave di lettura che si attiva di fronte ai quadri di Mario Ginocchi, massese «doc», con una lunga carriera artistica che inizia nel 1952, e si prolunga, rinnovandosi nel corso degli anni, con una sempreverde creatività, fino ad oggi.
Enfant prodige, inizia a disegnare e a dipingere, spinto da un istinto primordiale e puro, fin dalla tenera età, quando frequentava le scuole elementari, vincendo concorsi e ottenendo numerosi premi.
Dopo la formazione scolastica, all’Istituto d’Arte di Massa, si dedica alla pittura, più da autodidatta che da pedissequo studente. Ciò gli permetterà di modificare, senza troppe remore, il suo linguaggio artistico, passando da periodi in cui domina un’autentica rarefazione e deformazione della figura umana, a fasi nelle quali si affacciano alla coscienza interrogativi inquietanti, – «perché il dolore?», «cosa è la morte?» – che imprimono una svolta al modo di concepire e realizzare il volto, il corpo, lo sguardo dell’uomo, facendone, così, riassaporare la dignità creaturale che lo contraddistingue. Una costante è presente nelle sue opere: l’allergia a certe tinte forti, ai colori sgargianti e accesi, ai rossi carminio e ai gialli intensi, prediligendo le velature più smorzate o lo spettro più algido del verde e dell’azzurro.
Chi entra nella sua casa, che è anche il suo atelier e l’«osservatorio» da cui si guarda il mondo e la società, si trova, all’improvviso, «scrutato» dalle opere che si sporgono dalle pareti della casa, posta nella centralissima via Dante, nel cuore della Massa antica, proprio ad un passo dal Duomo.
Sono volti, occhi, bocche, ma anche paesaggi, finestre spalancate sulla natura, figure allungate che rimbalzano dalla tela o dal legno o dalla carta, schizzati dai colori a olio, o da quelli a cera, dal carboncino, dalla china, a seconda della tecnica che, volta per volta, l’artista utilizza per corrispondere al meglio alla sua innata «verve espressiva».
Attraverso la cornice, a chi sosta dinanzi al contenuto che essa racchiude, come una candida aureola, si svelano scenari inattesi, veri e propri mondi separati, che abitano quel sostrato istintuale da cui trae forza la lingua artistica di Mario Ginocchi.
Ma sbaglierebbe chi pensasse alla sua pittura come ad una sorta di un universo parallelo e virtuale, lontano dalla realtà. Pur rimanendo chiuso nel suo spazio vitale, nella casa di Via Dante, l’artista ascolta il mondo che lo circonda, cogliendo in esso i sussulti e gli aneliti più reconditi che altri, nonostante una dichiarata intenzione realistica e oggettiva, non riescono, di fatto, a portare alla luce.
«Amo la mia terra – ci ha dichiarato –; vorrei che restasse come l’ho conosciuta quando ero bambino: un regno di bellezza e di armonia». Da questa passione deriva l’impegno civile di Mario, a difesa del territorio e della sua città, dalla quale si è allontanato soltanto per un breve periodo, negli anni della formazione artistica, frequentando la grandeur parigina. Un amore diretto, senza retoriche, che diventa nostalgia di una bellezza perduta.
E alla terra apuana, e in particolare all’acqua che sgorga dalle viscere delle montagne, Mario ha dedicato, recentemente, una mostra dal titolo inequivocabile, «Il richiamo dell’acqua»: quarantasette dipinti che raccontano la storia del fiume Frigido, dalla sorgente ai piedi del monte Sagro, fino alla foce, nelle spiagge di San Giuseppe Vecchio, rappresentandolo dall’interno, come se l’occhio del pittore fosse posto al di là dell’acqua, nei fondali del torrente, dentro le caverne e tra le fenditure della rocce, ad osservare, con sapiente perizia, il baluginare freddo e misterioso dell’elemento primordiale.
«Dobbiamo rispettare i nostri fiumi – racconta – e ascoltarli. Ci parlano di un mondo lontano e puro, carico di energia e forza simbolica. Ad un orecchio attento rivelano una musica celeste». E, a proposito di musica, Mario, da anni coltiva la passione di costruttore – «scultore» come è stato definito – autodidatta e geniale di strumenti musicali a fiato o a percussione, strumenti che ricordano i flauti di Pan, ma anche quelli a becco, e poi nacchere, hang, bongo, e creazioni originali, con legni diversi, frutto dell’intuizione e della capacità di entrare in empatia con culture lontane nel tempo e nello spazio. Una stanza della sua casa è destinata alla conservazione di questi manufatti, davvero straordinari per numero e bellezza.
«Vorrei che i giovani apprezzassero di più l’arte – afferma –; vorrei che si dedicassero alla fatica della creazione, con più assiduità. Il mondo sarebbe più sereno e in pace, perché dove c’è arte, bellezza, armonia, c’è rispetto reciproco».
Se è vero ciò che affermava Thomas Stearns Eliot, che «il progresso di un artista è un continuo sacrificio, una continua estinzione della personalità», chi ha fatto del colore la «ragione della sua vita», ha certamente qualcosa da dire alle nuove generazioni che cercano punti di riferimento e maestri cui ispirarsi. E Mario Ginocchi è uno di questi.
Sessant’anni di carriera artistica
Mario Ginocchi ha iniziato ad esporre nel 1953, con una «personale» al «Cenacolo Artisti Apuani» di Massa. Durante gli anni Sessanta è impegnato in mostre personali e collettive, a Massa e Carrara, fino al trasferimento a Parigi. Tra il 1968 e il 1973 espone in Versilia, a Viareggio, Marina di Pietrasanta ma anche a Prato, La Spezia, Camaiore, Lucca, alternando le mostre alla formazione artistica in Francia. Alla fine degli anni Settanta presenta delle «personali» a Grenoble e a Vienne (Francia). Negli anni Ottanta vengono presentati oltre ai quadri anche gli strumenti musicali che via via costruisce. Nel 1995 è a Venezia, quindi a Barcellona. Tra il 1996 e il 2000 espone a Santa Croce sull’Arno ma anche a Seravezza, Sarzana, Londra, Montignoso, Perugia, riscuotendo unanimi consensi di pubblico e critica. Nel 2005 nella sua città viene organizzata una mostra dal titolo «Suoni nel tempo. Le sculture sonore di Mario Ginocchi», con lo scopo di evidenziare l’attività dell’artista di costruttore di strumenti musicali.